PASSATO E PRESENTE TUTTO UN MISTERO BUFFO

PASSATO E PRESENTE TUTTO UN MISTERO BUFFO

A cinquant’anni dal debutto, lo spettacolo-gioiello di Dario Fo e Franca Rame è al Piccolo di Milano. Lo ripropone Mario Pirovano:«Vi si colgono ancora elementi di strettissima e drammatica attualità»

di Sara Cerrato

«Io ancora non ci credo. Essere a Milano sul palco del Piccolo Teatro, con “Misteri buffo”, è una gioia talmente grande che, la sera della prima, ho temuto di non controllare le mie emozioni».
Sprizza entusiasmo da tutti i pori Mario Pirovano, che fino al 20 ottobre, è in scena da protagonista, al Piccolo Teatro Grassi di Milano, con il capolavoro di Dario Fo e Franca Rame, i suoi maestri. Per una breve sosta, durante il suo instancabile viaggio intorno al mondo (cinquemila allestimenti, nel globo), lo spettacolo-gioiello della compianta “coppia da Nobel” è tornato momentaneamente a casa, nella sua Milano. E non è un fatto casuale, visto che la “giullarata popolare” compie, proprio nel 2019, i cinquant’anni di palcoscenico.

Duemila studenti
Siamo in via Rovello e non all’Università Statale occupata, dove Dario Fo propose, il 30 maggio del 1969, ad una platea di oltre duemila ipercritici studenti, l’anteprima del lavoro teatrale nato dalla rielaborazione di antichi testi medioevali, passo dei vangeli apocrifi e leggende popolari sulla vita di Gesù. Lo spettacolo avrebbe poi debuttato ufficialmente a Sestri Levante il 1° ottobre.
Sono passati cinquant’anni, ma la preziosa occasione milanese, proposta dalla Compagnia Teatrale Fo Rame e dalla Corvino Produzioni è garanzia di emzione, non solo in chiave “amarcord”.
«Ho cominciato a recitare “Mistero Buffo” nel ’91 – ricorda ancora Pirovano – e posso garantire che la messinscena mantiene intatta la sua forza anche oggi. Una forza che le deriva dai grandi temi trattati, spesso tragici, ma anche dal valore demistificatorio della satira. La risata, ricordiamolo, non è possibile davvero senza la tragedia».
Ecco dunque che sul palco del Piccolo Teatro Grassi, Pirovano propone le storie che tutti ricordiamo nella interpretazione funambolica di Dario Fo. Storie come “La resurrezione di Lazzaro” o “La fame dello Zanni”, vivificate dal grammelot, ma anche passi meno frequentati. «A Milano, ho scelto di riproporre, tra i diversi episodi, “La nascita del giullare”, una storia tragica (trae origine da una rivisitazione delle novelle di Serafino Amabile Guastella, autore nobile siciliano) – spiga Pirovano – che racconta di un povero contadino vessato dal Signore della valle che gli ruba la terra, abusa di sua moglie e lo rovina fino a spingerlo al suicidio. Un tema scottante che è ancora un tabù e colpisce per la durezza della vicenda narrata. Io vi colgo anche degli elementi di attualità, quando penso a quanti piccoli imprenditori sono giunti al disperato gesto, a causa dei debiti. Eppure, se ne parla pochissimo».
Dunque, “Mistero buffo” non vuole essere solo un pur pregevole monumento del passato, magari anche un po’ ingombrante e polveroso. Lo spiega Jacopo Fo, figlio di Dario Fo e Franca Rame, che ha visto nascere lo spettacolo e che pensa che la rivoluzione culturale e teatrale operata da Fo e Rame sia riproponibile oggi, pur in un contesto sociale lontano anni luce da quello della fine degli anni Settanta. «Con “Mistero buffo”, Dario Fo e Franca Rame cambiarono il modo di fare teatro, non solo perché proponevano il teatro popolare, portando sulle scene le giullarate. Furono infatti i primi a portare il teatro fuori dai loghi deputati, considerati allora spazi della cultura borghese. Gli spettacoli uscivano dalle sale per entrare nelle fabbriche, nelle università e negli spazi della collettività. I testi potevano nascere dai racconti e dai dibattiti con il pubblico. Inoltre, la mia famiglia si inventò il modo di portare il palcoscenico e tutte le strutture necessarie ovunque ce ne fosse bisogno. Ricordo la mia adolescenza, tra dibattiti collettivi e interi pomeriggi trascorsi con il fabbro e il falegname, per pensare a come montare palchi in giro per l’Italia». Fotografie di un passato lontanissimo, verrebbe da pensare. Eppure Jacopo Fo, guarda con ottimismo, a quella tecnologia tanto criticata.

Presentazioni d’eccellenza
«Oggi non andiamo più nelle fabbriche, ma esiste Internet ed è uno strumento straordinario per ricreare quella collettività che era alla base del lavoro di Dario e Franca. Bisogna mettere in contatto i professionisti del teatro e le collettività, come le scuole. Da questo incontro, abbiamo già realizzato lavori molto interessanti e raggiunto oltre ventimila persone. Numeri altissimi per il teatro. Credo che la lezione di “Mistero buffo” sia ancora importantissima». Dunque c’è tempo fino a domenica prossima.
Lo spettacolo viene proposto in un nuovo allestimento e si avvale di presentazioni d’eccellenza. Se la sera della Prima, l’8 ottobre è toccato a Jacopo Fo presentare lo storico lavoro dei suoi genitori, in queste sere si avvicendano attori, autori, giornalisti, uomini di cultura. Sono Simone Cristicchi, Natalino Balasso, Marco Travaglio, Moni Ovadia, Carlo Petrini, Antonio Ricci, Ascanio Celestini, Marco Paolini, Paola Cortellesi, Marco Baliani. A loro il compito di un ricordo personale che ribadisca la vitalità di questo capolavoro del teatro mondiale, in cui passato e presente si fondono.

Articolo pubblicato su La Provincia di Como il 12 ottobre 2019