Com’è essere figlio di Franca Rame e Dario Fo? Jacopo lo racconta in un libro e uno spettacolo
di Michele Bellucci
PERUGIA – Domenica alla Libera Università di Alcatraz Jacopo Fo proporrà in anteprima assoluta il suo nuovo spettacolo “Come è esser figlio di Franca Rame e Dario Fo”, in una prova aperta inserita nel programma della rassegna Immaginazione festival (che prevede decine di eventi tra musica, teatro, pittura, scrittura e fotografia con ospiti come Stefano Benni, Marco Baliani e GnuQuartet). L’attore, scrittore e fumettista ha deciso di racchiudere in uno spettacolo ciò che, in maniera più estesa, è finito nel nuovo libro che uscirà a settembre con lo stesso titolo (edito da Guanda, mentre lo spettacolo è prodotto dalla compagnia teatrale Fo Rame e distribuito da Corvino Produzioni). L’atmosfera che si respira nella struttura ricettiva sui generis fondata dallo stesso Fo tra Gubbio e Perugia ormai quasi quattro decadi fa appare perfetta per addentrarsi tra racconti e ricordi che cercano di fornire una risposta alla domanda che in assoluto gli è stata fatta più volte nel corso della sua vita: com’è esser figlio di Franca Rame e Dario Fo?
Jacopo Fo, da cosa è partita l’idea di scrivere il libro e farne anche uno spettacolo?
C’è un momento della vita in cui si tirano le somme, a una certa età, in cui ci si comincia a chiedere “come è andata?”. Io ho fatto tutto quello che ho voluto e ho avuto la fortuna di vedere che tante delle cose che abbiamo visto 45 anni fa si sono avverate. E’ una grande soddisfazione. Dall’energia rinnovabile alla comico terapia (perché era vietato andare nei reparti di oncologia per far ridere i bambini malati, ma all’epoca siamo riusciti ad attivare 600 clown di corsia e poi le cose sono andate per conto loro).
Quindi è un’insieme di sue esperienze reali?
Nello spettacolo ho cercato di mettere in ordine una serie di fatti che appaiono come un flusso di coincidenze pazzesche. Fatti incredibili, che ancora mi chiedo come sia possibile che siano accaduti. Sono successe cose non erano certo programmate. Dall’altra parte nel libro cerco di estrarre un metodo che possa servire anche ad altri.
Può spiegarci questo metodo?
Fondamentalmente si basa su tre questioni. La prima è che bisogna cercare nuove strade, è l’unico modo per vincere la noia. Poi c’è proprio il metodo. In una trasmissione che abbiamo fatto con Lilli Gruber, c’era anche il vice-direttore del Corriere della Sera, è venuta fuori una discussione interessante; loro sostenevano che le nuove generazioni non hanno regole e non c’è disciplina. Io ho risposto che mio padre non mi ha mai imposto nulla, ovvero che sono stato libero di fare le mie scelte. Per loro era addirittura sbagliata. L’ultima cosa fondamentale è la passione, che non viene certo fuori dall’obbligo o dal sacrificio.
E rispetto ai suoi genitori e alla sua famiglia?
E’ un libro di 360 pagine, una vera autobiografia. C’è dentro molto della mia famiglia, dove per generazioni sono nati artisti, musicisti, scrittori. Racconto anche di mia nonna che ha scritto il suo primo romanzo a 74 anni con la terza elementare. Emerge un’impostazione diversa, dove l’apprendimento funziona in maniera completamente differente da ciò che siamo abituati a pensare. Metodi anziché nozioni.
Perché scrivere adesso?
C’è stato un momento di cambiamento nella mia vita e ho deciso che poteva essere utile fare un bilancio. A 64 anni molte cose si vedono con una certa prospettiva data dall’espeerienza. Io nella vita ho avuto la fortuna di frequentare della gente pazzesca, spesso fin da prima che producessero le loro opere. Come Stefano Benni o Andrea Pazienza per fare due esempi.
Queste coincidenze pazzesche cosa dimostrano?
Che adesso è l’ultima cosa che viene considerata, eppure è proprio la realtà. Basti pensare che pago ancora il fatto che al funerale di mio padre ho detto che noi siamo una famiglia scaramantica e che affermare che mio padre è morto… beh, si fa per dire che è morto. Il fatto è che noi comunisti non siamo laici ma siamo animisti. Questa è la scommessa, dobbiamo liberarci dalla paura di essere confusi per dei guru, o dire che se non hai necessità di fare meditazione non cambia nulla se ti metti a farla. La new age è arrivata a fine corsa, tutti hanno capito che non fa guarire dai tumori. Possiamo solo affermare che la vita è una magia assolutamente laica, sottolineando d’altra parte che come dicono i più grandi ricercatori, nessuno crede che ci siano altre realtà parallele. Ciò che ci dicono è che certe reazioni che si osservano non hanno modelli matematici capaci di inquadrarle. Per questo posso affermare che il meccanismo portante nelle relazioni umane è incomprensibile, misterioso.
Articolo pubblicato su Il Messaggero il 2 agosto 2019