«Io, attore grazie a Mistero Buffo»
di Livia Grossi
«Sono fuori di me dalla gioia, sono in scena al Piccolo Teatro! Un evento straordinario: se non si festeggiasse il 50esimo anno di “Mistero Buffo” non sarebbe mai accaduto, sono un attore anomalo, io». Mario Pirovano, allievo diretto di Dario Fo e Franca Rame, da stasera è sul palco scenico di via Rovello con lo spettacolo-capolavoro dei suoi maestri. Un meraviglioso intreccio di racconti orali, vangeli apocrifi, leggende e documenti di teatro popolare che da suo debutto – il 30 maggio 1969 all’Università Statale occupata – non ha ancora smesso di fare il giro del mondo. Ed è proprio in una di queste tappe, nella Londra degli anni 70, che avvenne l’incontro più importante della vita di Pirovano. «Abitavo là da qualche anno ed ero tutto musica rock e concerti», racconta, «ma quando ho saputo che Dario e Franca sarebbero arrivati a Londra ho deciso di incontrarli. I miei genitori, operai, mi avevano parlato del loro impegno politico nelle fabbriche, di teatro invece non sapevo nulla, l’ho sempre considerato noiosissimo fino a quando non ho visto il loro spettacolo: una vera folgorazione, ho riso per due ore. Me ne sono innamorato e il giorno dopo ho lasciato il lavoro e sono tornato da loro. Da lì è cominciato tutto. Mi hanno invitato a lavorare in Italia, ospitandomi nel loro appartamento in Porta Romana dove avrei dovuto stare solo i primi giorni e sono rimasto per 15 anni. Ero felice».
Ma questo è solo l’inizio. Pirovano, uomo di fiducia della compagnia Fo-Rame, tra un banchetto di libri e una comparsata, per anni dietro alle quinte ha ascoltato i suoi mastri recitare finché il destino si è compiuto. «Tutto ciò che vedevo e sentivo alla fine era esploso. La scintilla è scattata alla Libera Università di Alcatraz (fondata da Jacopo Fo) con alcuni ragazzini che stavano litigando; per calmarli gli ho raccontato “Il primo miracolo di Gesù”, una storia di discriminazione contenuta in “Mistero Buffo”. Solo in quel momento ho scoperto di conoscere a memoria 45 minuti di monologo; la sera seguente l’ho ripetuta di fronte a tutti gli altri, alla fine ho recitato per un’intera settimana aggiungendo altri brani: avevo a memoria due ore di spettacolo. Da allora non mi sono più fermato e oggi mi trovo ad essere un attore internazionale, il tutto con la benedizione del Maestro che dopo avermi visto recitare a un Festival dell’Unità, mi ha ritratto in un quadro con la scritta “fabulatore di grande talento”».
Una storia meravigliosa per un attore atipico in scena con quattro brani di «Mistero Buffo», scelti tra i più attuali. Ad aprire «Il miracolo di Lazzaro»: «mi fa venire in mente la lettera che ha scritto la figlia di Aldo Moro al Papa per denunciare la strumentalizzazione della beatificazione di suo padre». Sulla violenza di chi s’impadronisce di donne e terra «La nascita del Giullare», sulle migrazioni «La fame dello Zanni» e infine il razzismo con il «Primo miracolo di Gesù bambino».
Articolo pubblicato su il Corriere della Sera l’8 ottobre 2019