Lo show di Pirovano fa rivivere Mistero buffo per i 20 anni del teatro Fo a Camponogara
Di Gaia Bortolussi
Un travolgente Mario Pirovano al teatro Dario Fo di Camponogara. Mattatore per quasi tre ore di spettacolo, ha riempito il piccolo teatro di risate e ricordi con un Mistero Buffo 50 di nuovo allestimento, proposto dall’attore con la Compagnia teatrale Fo Rame per celebrare i cinquant’anni dal debutto dell’opera che, sempre nell’occhio del ciclone, cambiò il teatro italiano.
Impreziosite dalla potente gestualità del Pirovano, in scena una sequenza di giullarate. A sorpresa riproposta anche la Nascita di un giullare – mai più messa in scena da Dario Fo dopo il 1973 – e, in chiusura, l’esilarante Primo miracolo di Gesù bambino. «Non sapevo che avrei fatto l’attore spiega Pirovano -, consideravo il teatro noioso. Avevo 33 anni, era l’83, incontrai Fo e Rame in scena a Londra, dove vivevo. Rividi Mistero Buffo tutte le sere per un mese, il teatro era divertimento e cultura, così iniziò tutta la mia avventura».
L’occasione per Camponogara è stata quella di un altro importante anniversario, quello dei 20 anni dalla nascita del teatro comunale intitolato proprio a Dario Fo che, con Franca Rame, lo inaugurò nel febbraio del 99. «Il nostro ha sottolineato Vania Trolese, assessore alla Cultura- è l’unico teatro in Italia e nel mondo ad essere dedicato a Dario Fo, questa singolarità ci sprona ancor di più a valorizzare questo luogo di cultura e mantenerlo vivo». Idea condivisa da Pirovano che, salutando il pubblico, ha annunciato: «Sia io che la Compagnia Fo Rame, ora diretta da Jacopo e Mattea Fo, vi diamo la nostra disponibilità per proseguire questo legame unico, portando qui altri nostri spettacoli e aiutando gli attori locali a mettere in scena le opere di Fo e Rame».
A ricordare la nascita del teatro l’allora sindaco, Walter Mescalchin, che ha anche chiesto all’attuale sindaco Antonio Fusato di ripristinare all’ingresso l’intitolazione a Fo: «C’è voluto coraggio per fare quest’opera. Siamo stati due volte controcorrente: erano tempi in cui i teatri chiudevano, siamo stati criticati ma oggi sappiamo che è stata una scelta importante come quella di intitolarlo a Dario Fo. L’allora assessore alla Cultura, l’insegnante Caterina Vendramin – scomparsa alcuni anni fa – mi disse: il grado di civiltà di una comunità dipende anche dal suo livello culturale. Aveva ragione e oltre al valore culturale ha anche permesso di recuperare un edificio testimonianza del vecchio centro storico del paese, ormai scomparso».
Articolo pubblicato su Il Gazzettino.it il 13 gennaio 2020