Simbiosi e libertà creativa con il «Mistero buffo 50»

Simbiosi e libertà creativa con il «Mistero buffo 50»

Mario Pirovano regala una grande prova d’autore e «rilegge» senza fronzoli il testo di Dario Fo

C’è persino somiglianza fisica, compresa l’arcata dei ridenti incisivi, tra l’attore milanese Mario Pirovano e il suo maestro Dario Fo, ma soprattutto simbiosi d’anima che in un sistema di vasi comunicanti ha irrorato anche quella del foltissimo pubblico del Teatro Laboratorio dell’ex Arsenale in occasione dello spettacolo «Mistero buffo 50», cult del Nobel per la letteratura nato senza la cifra che oggi invece contraddistingue il mezzo secolo del capolavoro scritto nel 1969.
La magnifica prova d’attore della Compagnia teatrale Fo-Rame che apre le menti alla pari dell’inestimabile testo e consacra Pirovano a tutti gli effetti erede di Fo, ha inaugurato la rassegna 2019-20 del Teatro Laboratorio, tempio off creato da Ezio Maria Caserta, storica fucina dove da cinquantuno anni il meglio del teatro italiano e internazionale si è dato appuntamento e continua a farlo. La “mission” di Pirovano non è certo ricalcare il maestro ma essere fedele messaggero della poetica di Dario Fo e di una libertà creativa, cinica, acuta, pungente, metaforica, lungimirante, universale, boicottata in passato dalla censura e ancora scomoda a certi vertici che però non possono più metterla al confino, possa fluire senza briglie e bavagli per risvegliare nel pubblico e tra i giovani nelle scuole la consapevolezza di ciò che nel mondo non funziona e va affrontato non solo con senso critico ma con impegno diretto ex ribellione a violenza, ingiustizie, differenze tra classi sociali, corsi e ricorsi storici che nei secoli di ripropongono a favore dei potenti schiacciando gli umili.
Non c’è arroganza nelle «giullarate» che infarciscono il lungo monologo di due ore di Pirovano alias Zanni, Jesus, papa Bonifacio VIII, Madonna, Giuseppe, Re Magi, solo per citare alcune esilaranti incarnazioni che l’applaudito interprete ha introdotto con suggestive prefazioni colloquiali ad ogni scena. Pratico e veritiero come una sorta di “presepe vivente” in cui i protagonisti si sono rivelati in tutto il loro realismo fiabesco il lavoro ha utilizzato un mix di “lingue” di svariate regioni, spontanea emanazione di un Pirovano d’origine contadina, cronista e menestrello senza catene.

Articolo di Michela Pezzani pubblicato il 4 ottobre 2019.