La “sedia Fo” in casa di Cortellesi “Seduto lì mi insegnò a non mollare mai”
di Anna Bandettini
Del loro incontro ricorda tante cose, anche che adesso a casa sua c’è la “sedia Fo”, quella dove Dario si era seduto, attesissimo ospite, una sera del 2015, mentre preparavano insieme Callas. «Era l’ultimo testo che Dario aveva scritto con Franca Rame. Lo sentiva tantissimo – racconta oggi Paola Cortellesi – prepararlo insieme è stata un’esperienza per me unica. Non dimenticherò mai il giorno in cui avevo sentito al telefono “ciao Paola, sono Dario Fo”. Avrei dovuto essere preparata, Gianmarco Mazzi, autore tv, mi aveva detto che Fo stava raccogliendo informazioni su di me ma restai lo stesso senza parole quando lui, il grande Maestro, mi chiese “vuoi lavorare con me?”». L’incontro umano e professionale che ne seguì – lo spettacolo Callas andò anche in onda su Rai 1 – Cortellesi li ripercorrerà il 19 ottobre davanti al pubblico del Piccolo Teatro di Milano, dove salirà per festeggiare i 50 anni di Mistero Buffo di Fo e Rame. A riproporre il capolavoro che nel ’97 fruttò a Dario il Nobel è Mario Pirovano, «l’unico che abbia imparato direttamente dalla fonte», dice di sé l’attore, il solo allievo diretto, quarant’anni di lavoro accanto alla celebre coppia e trenta da interprete dei loro lavori tradotti anche per l’estero.
Per l’anniversario, Mistero buffo, a Milano dall’8 ottobre (poi il 21 alla Sala Umberto di Rmaa), verrà introdotto ogni sera da un testimonial d’eccezione, a partire dal figlio Jacopo (è appena uscito da Guanda il suo libro Com’è essere figlio) e via via nelle repliche successive da Simone Cristicchi, Natalino Balasso, Marco Travaglio, Moni Ovadia, Carlo Petrini, Antonio Ricci, Ascanio Celestini, Marco Paolini, Marco Baliani e Cortellesi.
L’attrice, attesa in primavera nella serie Sky Petra dai gialli di Alicia Giménez-Bartlett, e in questi giorni sul set di Figli, il film di Giuseppe Bonito, un altro pezzo di cuore e affetti visto che è l’ultima sceneggiatura di Mattia Torre, morto a luglio, non voleva mancare alla “Festa Fo”.
«Mistero Buffo lo vidi la prima volta in tv da ragazzina, negli anni Ottanta – ricorda – mi colpì la lingua, il grammelot: non erano parole conosciute ma capivo tutto. Un’invenzione geniale. Poi, negli anni, ho conosciuto l’impegno civile di Dario e Franca, i loro testi e il loro modo di stare in scena con quella naturalezza che invece era grande mestiere».
Di Dario a lasciarla ammirata è stata «l’eterna giovinezza. Cambiava e ricambiava il testo di Callas anche durante le repliche, non si adagiava mai. Era come stare sulle montagne russe, fare ogni volta un salto nel vuoto ma con una rete di protezione, che poi era lui. Fare teatro con lui è stata anche una lezione umana. E un esempio su tutti fu la sera della prima, dopo gli scongiuri di rito, in quinta, prima di iniziare. Dario si aggrappò alla mia mano quasi stritolandola: quest’uomo di 90 anni, Nobel e con 60 anni di teatro aveva paura, era emozionato. Con tutto il suo bagaglio, il teatro ancora non era diventato per lui routine ma era vita. Ecco, questo mi ha insegnato Dario: a non mollare mai».
Articolo pubblicato su La Repubblica il 4 ottobre 2019