Il mistero più buffo che c’è
Su il sipario al Palafenderl: anteprima nazionale del capolavoro di Fo (che compie 50 anni) portato in scena da Mario Pirovano
VITTORIO VENETO – Buffo un mistero? Solo il genio di Dario Fo poteva definire – e drammatizzare – così i ‘misteri’ medioevali, o il mistero per antonomasia: quello che sta alla base del dogma, del culto, dei miracoli che caratterizzano l’infanzia e la breve vita di Gesù. Mezzo secolo fa, scrivendo un’opera teatrale che avrebbe avuto un clamoroso successo globale, Dario Fo ha rotto: il modo di concepire e fare teatro, l’inviolabile staccionata che nella società dell’epoca rendeva intangibili certi argomenti. Fo ha profanato il sacro con l’ironia e la satira: l’ha reso buffo, e universale. “Mistero Buffo – spiega Mario Pirovano, ‘erede’, amico, collaboratore di Dario Fo e Franca Rame – è stato applaudito e schernito, sbandierato e buttato nella polvere. Qualcuno ha definito lo spettacolo ‘divisivo’, come se il termine fosse negativo! La divisione è nell’ordine naturale delle cose: una visione diversa della realtà, del mondo, dell’uomo è segno di ricerca, conoscenza, civiltà. Quando Dario cinquant’anni fa toccò temi considerati dei sancta sanctorum ha fatto esplodere nel nostro cuore una gioia immensa. Ha aperto la strada ad altre interpretazioni della parabola e della parola di Gesù, della letteratura. Chi non ne ha colto il valore, ha ritenuto lo spettacolo blasfemo”. Sarà proprio Mario Pirovano, attore, regista, traduttore splendido di tanti spettacoli di Fo a portare a Vittorio, al Palafenderl, sabato 21 settembre alle 21, lo spettacolo Mistero Buffo. Quella vittoriese sarà un’anteprima, perché la primissima rappresentazione di Mistero Buffo in occasione del 50° genetliaco Pirovano la farà a Sestri Levante, il 1° ottobre: nello stesso teatro – l’Ariston – in cui l’opera debuttò.
Pirovano, a cinquant’anni di distanza Mistero Buffo è ancora attuale?
Domanda legittima. Viene da chiedersi che c’entra Mistero Buffo oggi: quell’Italia in cui l’opera è nata non c’è più. Quella di mezzo secolo fa era una società bigotta, conservatrice, sessuofobica, dove ai ragazzi del Cinquanta come me le preghiere venivano insegnate in latino, dove era lecito scherzare coi fanti, ma i santi bisognava lasciarli stare. In quell’Italia lì, Dario, da solo, sul palcoscenico, per oltre due ore, con tre/quattromila persone di fronte è stato come una bomba: deflagrante, dissacrante e liberatorio. Ha messo in discussione tutto: il dogma, la scuola, la letteratura così come veniva trasmessa da generazioni di accademici. Oggi, a una lettura superficiale, alcune provocazioni del testo possono apparire datate, ma ovviamente non è così: il testo è valido oltre il contesto storico in cui è nato. Le dinamiche, i valori e disvalori, i pregiudizi, i temi contenuti in Mistero Buffo sono senza tempo. Basti pensare all’episodio del primo miracolo di Gesù. Quella storia parla di razzismo, di un razzismo che si respirava nel III secolo…
Se oggi l’Italia ha archiviato la veste bigotta che aveva 50 anni, sembra comunque – per certe manifestazioni plateali – voler rispolverare un certo popolare culto dei santi. Per esempio c’è qualcuno che snocciola volentieri il rosario…
Assistiamo a fenomeni allucinanti a volte. L’ex ministro dell’interno, di fronte a Conte, sembrava un bambino che avesse rubato la marmellata. Dario Fo l’avrebbe messo in mutande uno così. E comunque nella deculturazione collettiva, si sono perdute anche le semplici conoscenze bibliche o evangeliche. A volte qualche spettatore non ride di fronte certe scene o battute perché non conosce episodi salienti della storia di Gesù. Paradossalmente sono io che li catechizzo con Mistero Buffo.
Lei porta in giro per il mondo lo spettacolo da trent’anni. L’accoglienza com’è?
Sempre entusiastica. Mistero Buffo è stato presentato in tutti i cinque continenti, in diverse lingue. In inglese lo hanno visto dei musulmani del Pakistan, o gli abitanti di una piccola cittadina del nord della Finlandia, che hanno fatto un commento bellissimo: “Quando sentiamo parlare il giullare Francesco non possiamo fare a meno di alzarci, di sentirci amici”.
Dario Fo vedendola recitare Mistero Buffo la prima volta, disse che con lei lo spettacolo aveva una propria identità…
Sì. Fu abbastanza colpito. Mi disse: “Lo spettacolo è tuo”.
Sa che lei assomiglia molto a Dario Fo?
Nello sguardo, nel sorriso, nell’espressione… A volte mi scambiano per suo figlio! Sa come dice quel proverbio “a furia di andare coi…”, ecco si vede che sono stato un po’ plasmato dal piacere di stare con la famiglia Fo.
Articolo pubblicato su Oggi Treviso il 17 settembre 2019